My first time at a Korean Spa

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Da dove vengono le tendenze del design

Tutti vogliamo sapere cosa ci attende nel futuro. Molti di noi si affidano agli oroscopi che pretendono di svelare l’anno che verrà. Allo stesso modo i designers si azzuffano sul web per interpretare le tendenze e i trend di design in qualunque campo leggendo le stelle, il volo degli uccelli o come facevano gli aurispici applicando l’antica arte divinatoria eviscerando i trend dell’anno precedente cercando di capire cosa ancora non si è totalmente compiuto e che quindi vale la pena di riproporre anche nell’anno che verrà. Confesso che anch’io mi leggo una quantità di report sui trend dell’anno per poi avere le idee confuse e scoprire con sorpresa che il pantone dell’anno è il viola. Che poi a me quel pantone di viola non piace per niente e dubito che lo proporrò mai in qualsivoglia progetto.

Quest’anno, invece di impazzire sui trend per bruciare sul tempo tutti gli altri per poter dire: “Ve lo avevo detto io che era un trend”, ho deciso che avrei aspettato qualche mese per constatare se effettivamente quelli che avevo individuato come trend in effetti lo sono veramente. Più che altro quest’anno vorrei indagare non il trend in sé ma quali sono le ragione per cui si è formato e ha preso vita. Sì purché ogni anno pensiamo che un trend si auto crei o scenda sul mondo dei designer come un deus ex machina ma non è così.

Purtroppo non possiamo ignorare il fatto che per 2 anni abbiamo vissuto in una bolla spazio-temporale mai accaduta prima che prende il famigerato nome di emergenza Covid-19 e che sebbene fossimo completamente impreparati, abbiamo avuto la fortuna di poter diventar esperti di attività da remoto. Questo ha comportato molti cambiamenti sociali e di comportamento individuale che hanno portato nel bene o nel male un balzo in avanti di 5 o 7 anni la trasformazione digitale. La stragrande maggioranza del mondo occidentale pensa che la nostra vita oramai dipenda dalla tecnologia e in effetti il dominio virtuale è diventato uno spazio onnicomprensivo dove si può accedere all’acquisto di qualunque genere di bene, all’istruzione, all’intrattenimento, alla costruzione di comunità, al benessere, alla salute, al lavoro e altro ancora. In sostanza abbiamo replicato nel virtuale la nostra routine, gli interessi e le nostre ossessioni che anche virtualmente continuano a perseguitarci. Questo potrebbe essere il preludio alla prossima rivoluzione che prende il nome di Metaverso?

01. Il Metaverso

L’immaginario di un mondo digitale immersivo deve per forza di cose fare i conti con i riferimenti cinematografici. Al momento stiamo traducendo anche inconsapevolmente il Metaverso attraverso questi riferimenti e archetipi visivi ed estetici. Stiamo assistendo alla proliferazione di tendenze estetiche caratterizzate dall’utilizzo di colori vibranti e incandescenti che ricordano l’estetica delle ambientazioni di film come Tron. I confini e le semantiche sono tutte ancora da definire e anche se le forme che vengono utilizzate sono astratte, arrotondate e a volte prive di confini quasi a sottolineare la libertà che potenzialmente caratterizza un ambiente in cui non esistono limiti. Le texture utilizzate sono più simili ad ologrammi e le interfacce utilizzano dei trend di design come:

Glassmorfismo.

Nasce dal Neumorfismo che imitava le superfici di plastica estruse che si originano da un solo layer. Il Glassmorfismo invece utilizza delle semantiche differenti che si manifestano nell’utilizzo di multi layer trasparenti con un effetto vetro smerigliato che galleggiano nello spazio privo di confini. L’utilizzo di colori vivaci serve ad evidenziare l’effetto di trasparenza sfocata. La possibilità di vedere attraverso gli elementi e i layer permette agli utenti di percepire e stabilire, attraverso la profondità, la gerarchia degli elementi che caratterizzano l’interfaccia. In sostanza si stratificano degli oggetti come potrebbe succedere nel mondo reale.

Abstract & Round shapes

Il metaverso è un luogo dove i confini sono sfocati e possono essere spostati ed interpretati a nostro piacimento. Le forme sono astratte e inconsistenti. Vi è una predisposizione a non prendere una posizione netta nei confronti della geometria per cui la tendenza è di usare forme arrotondate non definite nei dettagli e mutano sia di forma che di colore.

Holo & Neon

Le interfacce nel Metaverso si presentano sotto forma di elementi olografici che fluttuano nel vuoto la cui gerarchia è data dall’utilizzo di layer che si sovrappongono. I riferimenti cinematografici qui sono tantissimi. Probabilmente la sfida da vincere qui è quella di creare un linguaggio che sia facilmente comprensibile e che sia accessibile. La curva di apprendimento di questo nuovo luogo in cui interagire corre il rischio di essere molto alta ed escludere tutti coloro che non sono avvezzi all’interazione di sistemi complessi anche se la possibilità di imitare la realtà è enorme. A noi la scelta see creare un luogo che facilita o complica l’interazione.

3D

Naturalmente in un luogo dove tutto è possibile la tendenza del design 3D che da anni ci sta accompagnando anche in un mondo bidimensionale, si evolve e si afferma ulteriormente nel metaverso che nasce per essere fruito in 3D. Poiché offre possibilità illimitate ai designer, dà spazio a qualsiasi cosa si possa immaginare. Stiamo guardando probabilmente fuori dalla porta il mondo che potenzialmente si può sviluppare nel metaverso. Dai visual 3D iper-realistici che confondono la linea tra il digitale e il fisico, ai mashup altamente creativi con elementi 2D. La partnership tra 2D e 3D sarà forse il punto di convergenza e di contatto di 2 mondi.

Forse non ci siamo ancora accorti ma la porta che connette il metaverso in 3D e il mondo digitale 2D è già aperta e come potrebbe succedere nei migliori film horror anni 80 una parte di questo è già tra noi. Da alcuni anni stiamo assistendo alla comparsa di personaggi digitali che sono di fatto delle Digital Existence che vivono sui canali social e impattano la vita quotidiana, gli acquisti e il modo di pensare dei loro followers. Esistono vari esempi di influencers virtuali e la loro genesi assomiglia molto ai personaggi di fantasia dei film e dei libri che prendono vita attraverso il lavoro congiunto di un team di designers CGI, stiliti e copywriters. Miquela indossa abiti di aziende come Proenza Schouler, Coach e Balenciaga, e raccomanda i prodotti per capelli di OUAI per “mantenere le mie ciocche lisce come la seta”. Ha più di 3 milione di follower — la maggior parte dei quali sono Millennials e Gen Zers. Miquela sostiene anche cause sociali come Black Lives Matter e ha collaborato con Prada in una campagna per la settimana della moda di Milano. Ha anche pubblicato alcune canzoni su Spotify.

Virtual possession

I mondi virtuali non rispettano le leggi della fisica del mondo reale e quindi è possibile sviluppare dei nuovi livelli di creatività soprattutto nel design di abiti utilizzando materiali che vanno oltre il tessuto, come l’acqua o il vapore. Prendiamo ad esempio Zero10, una piattaforma dove è possibile provare abiti digitali, fare acquisti e utilizzarli per creare contenuti sui social media. C’è anche DressX, che permette di caricare foto reali su cui imprimere gli abiti acquistati. Accanto al mercato degli abiti virtuali esiste un universo infinito di architetture che permettono di sperimentare forme e concetti per nuovi spazi che hanno una funzione sociale. È fondamentale che chi progetterà questi spazi abbia competenze sia di progettazione di spazi fisici che virtuali per poter esprimere al massimo le possibilità che questi due mondi offrono. L’occasione che si presenta è di realizzare dei punti di incontro che possono innescare relazioni in entrambi i mondi.

03. Salvare il mondo non è un’opzione

Le sfide ambientali di oggi richiedono che tutti noi ci assumiamo la responsabilità dell’impatto diretto del nostro lavoro sul pianeta. Per questo, dobbiamo cambiare mentalità, porci domande e concepire soluzioni che si concentrino sulla sostenibilità sociale e ambientale. Ogni volta che vediamo una pagina web, che controlliamo la nostra mail o controlliamo il wall di instagram stiamo producendo Co2 ed è più di quanta ce ne possiamo immaginare.

Il duo italiano di design Formafantasma ha presentato un sito web essenziale progettato per ridurre le emissioni di anidride carbonica. Progettato in collaborazione con l’agenzia italiana Studio Blanco, il sito web presenta immagini ridotte, caratteri tipografici essenziali che ne definiscono il look & feel e un logo creato con simboli Unicode standard. La homepage è visivamente e funzionalmente ispirata all’essenzialità di Wikipedia. Le immagini più grandi richiedono più energia per essere scaricate, il sito carica inizialmente immagini di piccole dimensioni che gli utenti hanno poi la possibilità di ingrandire se lo desiderano.Il linguaggio visivo del sito è stato ispirato dai primi siti web, ma è stato scelto per l’efficienza energetica e non per seguire le tendenze del design grafico.I visitatori possono scegliere di passare a una modalità scura con sfondo nero anziché bianco, mentre la home page presenta un semplice indice senza immagini. In questo modo il sito richiede meno energia per il caricamento su computer e smartphone, riducendo le emissioni di carbonio. Inoltre il sito è ospitato da GreenGeeks, una piattaforma che utilizza energia rinnovabile per alimentare i propri server.

Volkswagen Canada sta rendendo la navigazione sul web più efficiente dal punto di vista energetico nell’ambito del posizionamento del suo nuovo veicolo crossover completamente elettrico ID4, attraverso un’iniziativa chiamata “The Carbon-Neutral Net”. Lo sta facendo riducendo la quantità di dati incorporati nelle pagine con un’esperienza web incentrata sui suoi sforzi di sostenibilità, riducendole all’essenziale, con solo testo in bianco e nero e immagini ricreate con testo ASCII. Le pagine sono progettate in modo da richiedere meno energia per trasferire le informazioni, riducendo così l’impronta digitale passando da uno standard medio di 1.75 grams di CO2 a 0.022 Grams.

Anche i browser si stanno adattando a questa tendenza.

Brave blocca i cookie, le pubblicità, risparmia la connessione Mb, è più veloce, fa risparmiare tempo e paga in criptovalute se si vedono annunci pubblicitari.

Cosa possiamo fare? Innanzi tutto prendere coscienza che come designers non sempre abbiamo un impatto positivo soprattuto sul pianeta e nel momento in cui progettiamo possiamo utilizzare uno stile che non scenda a compromessi con la qualità del design ma spinga su alcuni stili o soluzioni che vanno nella direzione della sostenibilità.

Huge Type Design

La tipografia può essere una meravigliosa espressione della personalità e della visione di un progetto di design. Tuttavia, la scelta dello stile tipografico può essere difficile, per questo occorre saper utilizzare con sapienza gli stili e le tendenze senza esagerare in modo da ottenere un progetto in cui le scritte siano anche un elemento estetico oltre veicolare un messaggio.

Nuove Griglie

Disegnare prodotti digitali che siano compatibili con un consumo minore di C02 senza cadere nella banalità si può fare e basta utilizzare strutture semplici fatte da un binomio di testo e immagini ma che attraverso una griglia inusuale e asimmetrica possa essere interessante a non banale. Esistono molti esempi di questo tipo e di solito afferiscono a brand che alternativi al main stream ma con una potentissima valenza estetica. C’è quindi da domandarsi il perché la maggior parte dei brand non abbracci questa forma di design e coniuga l’essere esteticamente godibile, attuale e contemporaneamente.

Minimalism & Vecchio stile

Questa deriva verso il minimalismo e la semplicità dei prodotti digitali oltre a migliorarne l’usabilità e diminuire il carico cognitivo degli utenti finali potrebbe suscitare qualche perplessità nei responsabili marketing abituati ad altri canoni estetici. Esistono modi molto semplici ed efficaci per avvicinarsi alle consuetudini mantenendo il prodotto digitale minimal e adatto all’ambiante. Un esempio ben riuscito è la texture che imita le pieghe delle carta tipica delle affissioni dei billboard utilizzata dalla rivista online NYLON.

04. Remoto / Nuova Normalità

Nell’odierno ambiente di lavoro sempre attivo, l’84% dei Millennial ha dichiarato di aver sperimentato il burnout nel proprio lavoro.

La generazione maggiormente colpita è quella degli under 35 anche secondo una ricerca di Bain & Company, da cui risulta che i giovani lavoratori italiani sono i più stressati in Europa e fra i più stressati a livello globale dopo giapponesi e brasiliani.

Nel 2028 circa il 60% dei manager o dei direttori apparterrà alla generazione dei millennial o alla Generazione Z, e sicuramente l’aver sperimentato un ambiente di lavoro così negativo imporrà dei cambiamenti. Difficilmente questi futuri dirigenti vorranno perseverare sulla direzione del mondo lavorativo attuale che ha ancora l’impronta delle generazioni precedenti che in base ai dati che stiamo vedendo oggi non ha costruito un ambiente salubre per le nuove generazioni.

Oggi più che mai, le aziende sono aperte all’idea di assumere una forza lavoro a distanza e si prevede che, entro il 2028, il 73% di tutti i team avrà lavoratori a distanza. In molti sostengono che le persone che sono entrate nel mondo del lavoro tra il 2020 e il 2022 non hanno mai vissuto un ambiente lavorativo reale. Ma che cosa significa realtà? Forse alla luce della situazione attuale la realtà è da riscrivere. Probabilmente nel prossimo futuro vedremo una nuova forma di offerta data da piattaforme digitali nate per la gestione del lavoro da remoto di team. La fine della pandemia, almeno in occidente, decreterà l’inizio di una lotta di classe tra datori di lavoro e lavoratori perché la tentazione di far tornare tutti in presenza alla vecchia maniera sarà grande. La storia del lavoro adesso è tutta da scrivere. Speriamo solo che non prevalga solamente la logica legata al profitto ma che i nostri imprenditori superstar possano pensare al benessere del business in modo olistico.

Se i social networks sono lo specchio della nostra società allora dobbiamo iniziare a preoccuparci. All’inizio di dicembre 2021, l’hashtag di TikTok #mentalhealth ha avuto 21,6 miliardi di visualizzazioni. Come dovremmo interpretare questo trend?

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